Noi di Harambee il 15 ottobre 2011

16 Ott 2011 0 Commenti

by fabadmin

Versione stampabileSend by emailVersione PDF

Noi di Harambee abbiamo pensato che fosse necessario partecipare alla manifestazione di ieri 15 ottobre. Lo abbiamo ritenuto perché siamo convinti che il modello economico attuale non costituisce una risposta adeguata alla grande sete di giustizia che oggi attraversa il mondo. Un mondo attanagliato da una crisi economica, creata e attualmente gestita dagli stessi soggetti: oligarchie economiche (che un tempo si chiamavano padroni capitalisti), che hanno dimostrato tutti i loro limiti di competenza. La competenza a tenere in piedi un mondo che sappia dare a tutti la dignità. La dignità dai bisogni essenziali. Quelli basilari, ossia i primi due livelli della celebre Piramide di Maslow ( http://goo.gl/ZsWEM ).

Perciò riteniamo che questo movimento del 2011 più che definirlo degli “indignati” sia più corretto definirlo “Movimento per la Dignità”. Perché è quella che è stata intaccata e mortificata. E le persone, a qualunque latitudine, quando gli tocchi la dignità si arrabbiano molto. E nessuno può sentirsi immune da questo guasto: non esiste nessuna isola felice in un oceano di sofferenza.
 
E poi, non ultimo c'è il dato generazionale. C'è una condizione di precariato che va a coincidere con una condizione generazionale: come due cerchi troppo simili per non scatenare una posizione politica omogenea  e una sottile complicità di classe fra coloro che sono coetanei. Una complicità trasversale, un conflitto fra chi è adulto o anziano e sta quasi certamente con i piedi al caldo, e chi invece giovane e precario vive la sua vita con un indicibile disagio. Siamo convinti che il conflitto, storicamente, porti cose nuove.

Noi di Harambee, con l’ottimo lavoro di Valentina, Roberto e Floriano siamo riusciti ad organizzare, con mille difficoltà, e qualche piccolo insignificante sabotaggio, un pullman. Un pullman collettivo invece che le automobili private. Sì, perché pensiamo che è nello stare insieme, nel condividere tutti e 20 un viaggio, nel cantare le nostre canzoni, nel fermarci tutti nello stesso autogrill, nel condividere le ansie, gli entusiasmi, le rabbie, le tenerezze, le battute, i tormentoni, nel sopportare i difetti di ognuno e apprezzarne e avvalesi dei suoi pregi che un gruppo si sostanzia e trova le sue elementari ragioni dello stare insieme. In una parola: la politica.
Noi di Harambee abbiamo bevuto lo stesso vino e abbiamo mangiato gli stessi panini. Quei panini a cui Angelo Sebastiano ha provveduto di tasca sua, a titolo personale, sia a comprarne il necessario che a prepararli, e a considerarli un suo personale contributo ad Harambee, forse perché, visto che gli impegni gli impedivano di essere su quel pullman, con quel gesto Angelo, quel giorno era con noi nel pullman e nel corteo.
Grazie Angelo.
Noi di Harambee ieri siamo arrivati in piazza e abbiamo atteso a lungo, per infilarci nel pezzo di corteo che ci garantiva maggiore incolumità, perché, nonostante abbiamo spesso sfiorato gli incidenti, nessuno doveva tornare a casa con un trauma fisico che potesse impedirgli emotivamente di tornare alla prossima manifestazione.
 
Noi di Harambee con nostri corpi e a nostro rischio ieri abbiamo vissuto il corteo, con tutte le sue contraddizioni, dallo spezzone degli incappucciati vestiti di nero e armati fino al collo, fino alla festosa banda musicale del Pigneto. Dalle maschere satiriche giganti dei governanti, fino a San Precario portato in processione. Dai fumogeni folcloristici ai fumi neri in lontananza che si alzavano come totem di violenza (giusta o sbagliata) come un severo monito di dissenso. Dai corpi di ballo che rendevano il corteo un meraviglioso mix di gioia e incazzatura fino alle vetrine e le banche sfasciate. Dagli scoppi delle bombe carta e dei petardi che a poche centinaia di metri deflagravano facendo fermare il cuore dalla paura fino alle ondate di folla che d'improvviso in un secondo ti possono travolgere, atterrare e uccidere. Dalle camionette dei carabinieri date alle fiamme fino alle bandiere della pace che vedono nella grande  battaglia delle opinioni e delle idee il terreno nonviolento di confronto per cambiare questo maledetto mondo.
 
Noi di Harambee abbiamo fatto mille telefonate colme di ansia per sapere se i nostri amici e i nostri compagni perduti nella folla stavano bene, quelli che al corteo c’erano venuti e se lo stavano vivendo senza scambiare il 15 ottobre per una gita fuori porta.
 
Noi di Harambee non siamo né radical e né tanto meno chic.
 
Noi di Harambee abbiamo portato le nostre bandiere, con il nostro simbolo e le nostre storie personali in un movimento globale che possa dire a chi governa che se il muro di Berlino è caduto perché l’idea politica che lo sosteneva è stata bocciata al vaglio della storia, non scompare però ad oggi la grande domanda di giustizia e di libertà a cui quel muro voleva dare una risposta.
Noi di Harambee siamo stati nel corteo, perché siamo convinti che oggi lo stato del progresso è tale da permettere a tutti una vita dignitosa, una vita dove poter dedicare tanto tempo libero a tutto ciò che rende felici e realizzati.
 
Noi di Harambee, che vediamo i prodigi della tecnica che incrementano solo i profitti senza che i salari possano mai beneficiarne, ci chiediamo dove vadano a finire tutti i vantaggi della scienza, e soprattutto perché i cittadini non possono essere mai i destinatari del benessere prodotto dalla ricerca mondiale finanziata con le proprie tasse.
 
Noi di Harambee abbiamo una grande domanda articolata a cui questo sistema non riesce a dare risposte. E se le risposte non sapranno darcele, noi di Harambee con i piedi in questo Movimento Globale di Dignità, sapremo costruircele da soli.
See video